SULLE MONTAGNE CON I COMBATTENTI DEL PKK
Watch Diario da Gaza ( Stefano Savona) Watch Diario da Gaza ( Stefano Savona) STEFANO SAVONA: "DENTRO IL LAGER DI GAZA" "Piombo fuso", premio speciale in Cineasti del Presente a Locarno The shoot an elephant IL TEAM DI "SPARARE A UN ELEFANTE" CHIEDE UNA PROIEZIONE GLOBALE-GIORNATA DELL´URLO GLOBALE PER GAZA IL 18 GENNAIO 2010 Il 18 gennaio 2010 è il primo anniversario della fine dei bombardamenti da parte di Israele della Striscia di Gaza, un attacco che ha avuto inizio il 27 dicembre 2008, ed è durato fino al 18 gennaio 2009, e in cui 1.412 palestinesi hanno perso la vita. Il documentario “To Shoot An Elephant” (TSAE) è testimone oculare dall'interno della Striscia di Gaza di quanto è avvenuto in quei giorni. Questo racconto diretto e privilegiato diventa uno strumento con cui possiamo affrontare la propaganda israeliana su ciò che realmente è successo lì e il silenzio della comunità internazionale.Per il suo valore come testimonianza della popolazione civile, TSAE è diventato un resoconto legittimo che racconta ciò che è realmente accaduto lì. È un'immagine insostituibile di ciò che i mass media cercano di nascondere, una colonna sonora eccezionale da ascoltare per chi vive sotto il controllo sionista... Frammenti di realtà, che mostrano come è la vita dentro una “guerra” da cui non vi è alcuna possibilità di fuga.Scarica VideoFileTorrent Giro di vite contro gli attivisti per i diritti umani in Palestina |
Dalla scorsa estate Israele ha intensificato una campagna repressiva mirata contro gli attivisti per i diritti umani palestinesi e i leader delle comunità locali che si battono contro la costruzione del muro e degli insediamenti illegali. Negli ultimi mesi ciò ha portato all'arresto e alla carcerazione in regime amministrativo (senza accuse specifiche) di tre membri di Stop The Wall, tra cui Jamal Jumà [video intervista], il coordinatore delle campagne promosse dall'associazione. La sera del 15 dicembre Jamal aveva ricevuto una convocazione al checkpoint di Qalandia per un interrogatorio che si sarebbe tenuto alle 24 della stessa notte. Due ore e mezza dopo veniva arrestato, la sua abitazione veniva messa a soqquadro dai soldati israeliani davanti alla moglie e ai figli, che assistevano impotenti. Jamal è detenuto in isolamento, privato del diritto di incontrare il proprio avvocato e sottoposto a interrogatorio senza che nessuno vi possa assistere, esposto ad eventuali abusi non verificabili. Il suo caso viene assegnato al tribunale militare, anziché a una corte civile, in modo da prolungare notevolmente la discrezionalità del periodo detentivo, i termini per il processo e la privazione di diritti civili. In precedenza era toccato a Mohammad Othman, arrestato il 22/09/2009 al ritorno da un tour di conferenze in Norvegia, e ad Abdallah Abu Rahma, insegnante e coordinatore della Commissione Popolare di Bil'in sequestrato in un raid all'aba del 10 dicembre. Questi provvedimenti palesano la crescente insofferenza di Israele alle battaglie legali e alle campagne di boicottaggio. Quest’ultima forma di protesta ha ottenuto, recentemente, una forte adesione internazionale che ha portato associazioni, istituzioni e confederazioni sindacali ad aderire al sanzionamento dell'economia di guerra israeliana e delle aziende che con essa fanno affari [1 | 2.pdf | 3]. Poco prima dell'arresto, Jamal stava lavorando per spingere le rappresentanze dell'Unione Europea a impegnarsi maggiormente nella tutela degli attivisti, seguendo regolarmente i processi a loro carico e sollevando i casi specifici degli abusi detentivi nel dialogo politico tra l'U.E. e Israele. Sale intanto la tensione al Cairo dove centinaia di attivisti internazionali (tra i quali anche la delegazione italiana) in viaggio verso Gaza per partecipare alla Gaza Freedom March, stanno incontrando l'ostilità governo egiziano, intenzionato a vietare loro l'accesso alla Striscia attraverso il valico di Rafah |
Il video tratta gli sgomberi subiti dai CentriSociali su tutto il territorio nazionale.Spazi sociali occupati autogestiti ed autofinanziati, luoghi in cui centinaia di persone portano avanti discorsi e pratiche realmente alternative di critica radicale a questo sistema autoritario,razzista e sessista.
Si rende evidente nelle immagini che si tratta di un unica regia che ha tracciato la dissidenza a livello nazionale e pianificato la repressione .
Le idee non riusciranno mai a sgomberarle.
Ovunque, ogni sgombero sarà una barricata!
video collage (A)utoprodotto
Prisoners of a white God
Prigionieri di un Dio Bianco
Prisoners of a White God Prigionieri di un Dio Bianco
"E 'una foto di un inferno sulla terra, ed è emanazione è creazione di inferno in terra per queste popolazioni tribali ", commenta il Akha Heritage Foundation. "Rapiti dai loro villaggi, i bambini diventano 'orfani' anche se hanno una famiglia.Essi diventano i lavoratori delle piantagioni di tè dei missionari cristiani. 'Non ci sono dipendenti,' un uomo, dice, 'abbiamo figli.' In un punto, 60 bambini hanno il ruolo di lavorare per motivi di collegio. "
"Ryska fa un ottimo lavoro evideziando il contrasto di ipocrisia e la ricchezza del missionario, aiuti, cibo e vestiti, il mondo sotterraneo del traffico di minori verso la condizione della pulizia e la santità, il culto fatto così il 'diritto', contro il 'via pagano ...' scopre la paura della punizione eterna contro le gioie del cielo, la paura di minacce di morte per coloro che osano denunciare il male che abita il fondamentalismo cristiano dei centri missionari, la corruzione contro la santità, trasferimenti forzati, malattia, la depressione, la malaria, e campi di prigionia in pianura per la gente di montagna sfortunata . E' colonizzazione ".
Ryska stesso fu costretto a lasciare la Thailandia in fuga ", rischiando la cattura e l'uccisione per mano dei missionari ".
Prigionieri di un Dio Bianco ha ricevuto il Grand Prixes a RAFF Film Festival, a Ecofilm Festival, al Festival del Film di Montagna, in "It's Up To You" Film Festival e il premio principale al Ekotopfilm nel 2008.
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Christian Poveda è un fotografo e regista franco-spagnolo.
Il suo impegno politico durante la guerra del Vietnam negli anni ‘70 gli consente di sperimentare la forza delle immagini e il potere che queste possono avere su determinati eventi. È stata questa la spinta che lo ha avvicinato al fotogiornalismo e al documentario. Tutto il suo lavoro è rivolto ad avvenimenti politici e sociali straordinari. La filmografia di Christian Poveda vanta oltre 16 documentari presentati nei principali festival e mercati televisivi mondiali: La Vida Loca è uno di questi, presentato nel 2008 al Festival internazionale del cinema di San Sebastian. I suoi lavori sono apparsi su Actuel, Bunte, Cambio 16, El Pais, Epoca, Figaro Magazine, GEO, Interviù, Express, Observer, Le Monde 2, Mondial Basket, Newsweek, New York Times, Nova Magazine, Panorama, Paris Match, Photo, Picnic, Playboy, Quick, Sete, Stern, Time Magazine e VSD.
LA VIDA LOCA
Paragonate alle “marabundas”, fameliche formiche dell’Amazzonia che divorano tutto quello che trovano sul loro cammino e sul modello delle bande giovanili di Los Angeles, le maras stanno seminando il terrore in tutta l’America centrale e in particolare a El Salvador. La Vida Loca è lo studio di un fenomeno di violenza di importazione americana.
Risultato di un’infanzia terribile e piena di odio, odio per coloro che si sono presi tutto senza restituire nulla. L’odio di chi non ha mai avuto niente. L’odio dello sfruttamento, della sottomissione e dell’umiliazione quotidiana. Un odio che è stranamente accattivante, che incarna la disintegrazione della vita familiare all’interno della società salvadoregna e la disperazione in cui questi giovani sono cresciuti.
La Vida Loca è la vita reale di quelle parti: giovani che soffrono, che ci sfidano, che ci guardano con supponenza, che si offendono e che ci detestano. Nonostante questa visione del male nutra le nostre paure e generi incubi, c’è la speranza che questo documentario invochi la nostra compassione e ci porti a interrogare sulla nostra idea del mondo. E così, come animali intrappolati, questa generazione perduta risponde con pessimismo, rivolta e morte. Assenza totale di comunicazione.
La Vida Loca è un documentario sulla solitudine umana assoluta.
PREMIERES MONDIALI
- Festival de San Sebastian - International Film Festival, Spagna
- "Visa Pour l'Image" - International Festival of Photojournalism, Perpignan, Francia
- Festival Internacional de Cine de Morelia, Messico
- Festival Internacional San Luis Cine (Argentina)
- Festival du Scoop et du Journalisme d'Angers (Medaglia d’onore), Francia
- IDA's 2008 IDA Documentary Awards Competition
- Pare Lorentz Award Finalists (USA)
- Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano de La Habana. (Menzione speciale al Prix documentaire de la Mémoire), Cuba
- DocPoint, Helsinki Documentary Film Festival, Helsinki, Finlandia
- Göteborg Film Festival, Göteborg, Svezia
- Ambulante 2009, festival del documentario itinerante, Messico
- Festival Internacional de Cine en Guadalajara, Messico
- Cinema Novo Festival, Bruges, Belgio
3/09/2009 Christian Poveda, il regista franco-spagnolo del film-denuncia 'La vida loca', è stato assassinato in un agguato a colpi di arma da fuoco a Tonacatepeque, a pochi kilometri da San Salvador..
A Napoli, la notte di capodanno, Vito, dodici anni, resta solo: suo padre ha ucciso tutti gli altri membri della famiglia, decidendo poi di costituirsi alla polizia. Vito va a vivere, così, da zia Rosetta. Il marito di quest’ultima fabbrica fuochi d’artificio, ma non riesce a mantenere la famiglia e la donna è costretta a spacciare servendosi della figlia e di Vito. Quest’ultimo, insieme agli amici, spende le sue giornate rubando, taglieggiando i piccoli commercianti del quartiere, prostituendosi, finché non viene arrestato mentre sta consegnando una partita di droga. Condannato a sette mesi di riformatorio, deve confrontarsi con compagni di cella più grandi che lo seviziano e abusano sessualmente di lui. Zia Rosetta, nel frattempo, ha trovato un avvocato: questi riesce a farlo scarcerare e inoltra una richiesta di risarcimento, sostenendo l’illegittimità dell’arresto. Sempre più sicuro di sé, consapevole dell’immunità di cui gode di fronte alla legge avendo meno di quattordici anni, ma ossessionato da incubi notturni che lo riportano all’esperienza del correzionale, Vito continua l’apprendistato da delinquente fino a quando viene reclutato come killer dalla camorra.
Film “difficile”, tanto per le tematiche affrontate quanto per lo stile narrativo adottato dal regista, Vito e gli altri è tuttavia un’opera che ci restituisce il senso di una realtà che, troppe volte descritta attraverso forme di racconto tradizionali, è stata neutralizzata della sua drammatica virulenza. Capuano, in effetti, mostrandoci la carneficina compiuta dal padre di Vito senza fornire alcuna spiegazione, nessuna causa che motivi un gesto così eclatante, fin dalla prima inquadratura si libera da qualsiasi obbligo narrativo verso il pubblico, rinuncia a una raffigurazione tradizionale, iniziando ad accumulare – apparentemente senza un ordine preciso – una serie di episodi e di testimonianze che riescono a trasmetterci il senso di smarrimento del piccolo protagonista meglio di una storia.
Riferimenti:
I cento passi ( Marco Tullio Giordana)
Download film
Il film racconta la vera storia di Giuseppe Impastato, detto Peppino, nato a Cinisi, Sicilia a soli "100 passi" dal boss della mafia Tano Badalamenti. Fervente antimafioso, Impastato, fu ucciso dalla mafia lo stesso giorno in cui fu trovato il cadavere di Aldo Moro...
Aldo Moro
Marco Tullio Giordana
Il video, in forma di intervista, è stato realizzato da alcuni detenuti del carcere di Rebibbia impegnati in un corso di videogiornalismo ed è una forte testimonianza-denuncia della realtà sanitaria nelle carceri di tutta Italia.
Video sulla drammatica condizione dei malati in carcere.
SANITÁ: PROTESTE
Signor Ministro,
introdurre tale problematiche è per me motivo di enorme responsabilità visto che quello che dirò riflette fatti ed esperienze di centinaia di detenuti. La S.V. di fatto dando prova di sensibilità e professionalità con la sua presenza, ha reso possibile un incontro che speriamo essere costruttivo e proficuo. Il suo è certo un dicastero non facile, investito di innumerevoli carichi e nel contesto, la sanità in carcere, è fra i maggiori. Non Le parlerò del mio caso personale, non vorrei dare adito ad un interpretazione errata o speculativa. Esiste tra di noi profondo e reciproco rispetto, che induce un comportamento morale, solidale.
In qualità di portavoce e direttamente coinvolto, valutando determinati avvenimenti incresciosi e inconcepibili, non posso fare altro che accentuare come il concetto del DIRITTO ALLA SALUTE sia prioritario. Le lacune tutt'ora esistenti nell'ambito sanità, certamente sono molteplici e soprattutto irrisolte.
Si parla continuamente di prima e seconda Repubblica, demonizzando la prima ed esaltando la seconda, nell'attesa, altri uomini muoiono in carcere. Si parla di rinnovamento, di cambiamento, di volgere al nuovo, speriamo.
Il Signor Ministro che, prima di essere tale, ha percorso la via forense, ha in qualche modo conoscenza diretta della realtà sanitaria in carcere. Per onestà, la disponibilità della Direzione nonostante frequenti e incongrui mezzi e medicine, è vanificata nell'affrontare questo gravoso problema. La burocrazia e i diversi uffici competenti, inibiscono ulteriormente la volontà e la buona fede degli stessi. C'è chi pretende di sostituirsi a DIO.
Le varie patologie esistenti negli istituti di pena sono la drammatica realtà della cosiddetta SOCIETÀ CIVILE e consegnate alla segretezza di un carcere.
Signor Ministro, è triste dover assistere passivamente alla azione invasiva di una malattia come l'A.I.D.S., la Tubercolosi, la Cirrosi, ma è ancora più penoso pensare che tali malattie vengano affrontate e volenterosamente e impotentemente curate in un luogo deputato alla tutela del sociale.
Torino 1995: i quotidiani, magistralmente manovratori e sobillatori della coscienza pubblica enfatizzano un fatto... risolto il problema. Risolvessero tanti problemi con la stessa solerzia ma questa volta finemente, con la consapevolezza o l'inconsapevolezza di tre poveri imbecilli, senza dignità, vittime o esecutori di un programma volto a criminalizzare con il criterio di TUTTA L'ERBA UN FASCIO, degno di una azione meditata . Il metodo lo conosciamo benissimo noi malati, è sbrigativo, efficace, giustificato dal principio della preservazione, delegata, la Magistratura: la DISCREZIONALITÁ.
Gli effetti : M.S. Sieropositivo, 36 linfociti CD4, eroicamente e dignitosamente si trascina, cercando di nascondere la sua stanchezza, è rassegnato al suo prossimo destino.
M.G., 86 linfociti, giovanissimo, armato della sua tenacia, non vuole morire, specialmente in un carcere. Era agli arresti domiciliari, un definitivo lo ha riportato qui.
Toh! Guarda, S.C. Lui sdrammatizza, dice che si può' morire anche cadendo da cavallo, poi ci pensa, lui a cavallo non ci va.
R.G. Non è Sieropositivo, ma sta perdendo un occhio, tre ospedali con le scuse del caso, lo rispediscono puntualmente al mittente, non vogliono pazienti detenuti. Salva l'estetica, curata l'immagine.
Nonno F. La sua cartella clinica è colma delle più variegate patologie: grave insufficienza respiratoria, polmoni andati, 70 anni mal portati. È detenuto per un definitivo risalente ad alcuni anni fa, piccole truffe. Non può più firmare un assegno è anche un alzhemeir.
A. N.. Lui si può ritenere fortunato. Nella cattiva sorte solo 200 linfociti. Una volta gli hanno fatto credere anche in una involuzione della malattia, ha sperato. È stato un abile raggiro quello di aumentargli i linfociti, respingendogli una istanza e la famiglia che lo reclamava.
I casi sono tanti e tutti oggi presenti, potrebbero alzare le loro mani, non lo fanno come per evitare un segno di resa di un'armata senza generali, senza bandiera, logori di bollettini dagli ospedali e dalle comunità che non li accettano, di famiglie che non li riconoscono, dall'attesa di Magistrati che riconoscano una dignità medica alla loro sofferenza.
Ass. Papillon Rebibbia
Alberto Grifi decide di riprendere l'esperimento una docufiction cyberpunk tra rave e fantascienza, un film indipendente la cui lavorazione è durata quasi un anno a budget quasi 0.
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