Vittorio Arrigoni Attivista ucciso a Gaza

Vittorio Arrigoni Attivista ucciso a Gaza
Ci@o Vittorio

Atene DirettaTv

An Anarchist's Story

Chile Histoire

La Conspiración de Chicago

Crimethinc

Berlino 29.01.2011Sgombero Liebig14

14 dicembre 2010 a Roma- corteo Studenti

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martedì 27 dicembre 2011

La Dignità degli ultimi [DocuFilm.Historia Argentina]

LaDignità degli ultimi

La Dignidad de los nadies
Fonte (A)narchica

AltreVisioni
La dignità degli ultimi si puo definire un VideoDocumento storico dell'argentina.
Quando si parla di Argentina, il pensiero corre immediatamente alla vicenda degli omonimi bond che sono costati molto cari ad un esercito di piccoli risparmatori, si pensa alle pressioni del Fondo monetario internazionale e ai vari tentativi di vertenza che varie associazioni nostrane cercano di promuovere per limitare il grave danno economico procurato al nostro paese. Raramente si pensa ai "nadies", ai nessuno, alle masse diseredate condannate a privazioni e ad ingiustizie in una società come quella argentina in cui il divario tra privilegiati che hanno tutto e derelitti che non hanno nulla è sempre più marcato.
Solanas continua sulla via iniziata dal precedente documentario del 2004, "Memoria del Saqueo", raccontando le storie di chi è dimenticato, bistrattato ed ha subito ingiustizie fino a ridursi oltre la soglia della povertà, ma che nonostante tutto non perde mai la determinazione di "pelear". La forza cioè, di combattere contro un governo sempre più compromesso nei suoi rapporti poco chiari con grandi istituti bancari e compagnie petrolifere. Così vengono mostrate le storie di Maestro Toba e della sua mensa per bambini indigenti, di Silvia e Carola, che lavorano in un grande ospedale di Buenos Aires in situazione di disagio, sovrappopolazione mancanza di fondi dovuti ad una corruzione sempre più avida e spregiudicata. E poi viene raccontata la storia della fabbrica di ceramica Zanon, già oggetto del film "The Take" di Avi Lewis (2004). Ma anche la storia incredibile di Lucy e del "Movimiento de Mujeres en Lucha" (MML: movimento di donne in lotta), che per protestare le espropriazioni forzate, risultato dei tassi usurari praticati da banche senza scrupoli a contadini in difficoltà, ricorre a una forma di lotta davvero incredibile. Durante numerose aste per mettere in vendita ettari di terreni di contadini che avevano avuto prestiti di 20.000 pesos e si trovavano a doverne rendere 100.000, Lucy ed altre donne si erano messe a cantare l'inno nazionale argentino riuscendo in questo modo a bloccare le aste stesse. Gli ultimi arresti per questo "delitto" mostrati dalla pellicola di Solanas risalgono solo all'aprile del 2005. Ma vengono mostrate storie più individuali da parte di chi davvero non ha neppure la forza di battersi politicamente, e forse sono le vicende più drammatiche.
l'autore di questo documentario è senza dubbio completamente dalla parte dei "nadies", dei nessuno che nonostante la disperazione, o forse proprio a causa di essa trovano l'energia e la perseveranza per ritrovare la propria dignità, sempre nell'ottica dell'amore per il proprio paese.
La frase: "Udite mortali il sacro grido: libertà! Libertà! Libertà! (Inno nazionale argentino)"
Mauro Corso

La Dignità degli Ultimi [La Dignidad de los nadies]

lunedì 21 novembre 2011

Canada: La Storia della vivisezione [AnimalFront]

Canada: La Storia della vivisezione

Canada: parte del dolore

Fonte (A)narchica

ControVisioni

I video sono stati ripresi da un’organizzazione che vuole fermare gli esperimenti sugli animali. Nel 1981 Fondatore Lifeforce Peter Hamilton e Chas persona fotocamera Leckie hanno viaggiato in numerosi laboratori di ricerca in tutto il Canada. L’obiettivo era quello di esporre il segreto sugli esperimenti animali. I contribuenti pubblici e donatori hanno il diritto di sapere. Questi stessi esperimenti e / o similari continuano tutt’oggi. Si spera che le immagini esorteranno i politici a dare più accesso alle informazioni vivisezione in Canada. Questa nuova campagna mostrerà come l’uso ripetuto di modelli animali non hanno curato le malattie umane e lesioni. Un esempio è la paralizzante degli animali negli esperimenti del midollo spinale finanziato da quelli di Rick Hansen ° Istituto e la Christopher Reeve Foundation.
Canada:Storia della vivisezione

Canadà:Storia della vivisezione from BIMBESQUATTERS on Vimeo.


venerdì 11 novembre 2011

DocuFilm:CAPITALISM, A LOVE STORY

CAPITALISM, A LOVE STORY
di Michael Moore
ControVisioni
ll film di Moore è un tentativo serio di critica del capitalismo reale, il suo punto debole è cercare di salvare a tutti i costi le premesse storiche ed ideologiche del mito americano (Jefferson, Adams), come se non avessero niente a che fare con quanto accaduto dopo.

SCHEDA SUL FILM di Fabio ROSANA.

Il film si apre con alcune scene di una rapina. Segue un documentario sull’impero romano: un sistema economicamente avanzato che si basa sullo sfruttamento. Connessione all’epoca attuale degli U.S.A.. Viene affrontato l’argomento degli sfratti: 7 auto della polizia posteggiano di fronte a un’abitazione e ne sfondano la porta. Altra casa: porta sbarrata. Ogni 7 secondi e mezzo in America viene pignorata una casa.
Il manager immobiliare cerca di comprare appartamenti al prezzo di una Mercedes. Lui cambia un auto all’anno. Compra case soggette a pignoramento e le rivende per ottenere elevati profitti: capitalismo allo stato puro. Tutti provano il desiderio di ottenere profitto dalle disgrazie altrui. Il capitalismo si fonda sulla libera impresa, un sistema dove il negoziante più bravo vende di più, chi vende di meno esce di scena. Chi ha delle cose può facilmente averne altre.
Il padre del regista era un operaio alla catena di montaggio della General Motors. Finì di pagare la casa prima che il regista finisse le elementari. “Compravamo una macchina nuova ogni 3 anni. Andavamo a New York ogni 2 estati. Molta gente pagava un’aliquota massima del 90 per cento. Con i loro soldi abbiamo costruito dighe, ponti, etc… Alle famiglie di ceto medio bastava un solo stipendio, assistenza dentistica e sanitaria gratuita, i ragazzi andavano all’università senza chiedere prestiti alla banca, quattro settimane di ferie all’anno, risparmi e pochi debiti, la pensione era già da parte”.
Negli anni ‘50 l’America non aveva concorrenti, le nazioni rivali erano devastate dalla guerra. Gli U.S.A. si sono arricchiti prestando denaro ai paesi stranieri e riottenendolo con elevati interessi. Carter, presidente che invita i cittadini alla moderazione nei consumi, è individuato ironicamente come “il guastafeste“.
Reagan è colui che ha fatto degenerare i diritti. Le banche e le grandi imprese volevano l’America al loro servizio e nel 1980 ci sono riusciti con l’elezione di Reagan.
RISULTATI: tagli alle tasse dei ricchi, smantellamento delle infrastrutture industriali, licenziamenti per guadagni a breve termine. Milioni di persone licenziate, sindacati distrutti, salari congelati, orario di lavoro raddoppiato, tasse sul reddito dei ricchi ridotte della metà, il debito raggiunge il 100 % del P.I.L. Al 305 % l’aumento di antidepressivi, milioni di arresti a Flint - città natale del regista, 18000 posti di lavoro in meno alla General Motors.
Molti senza casa vivono nelle tende. Qualche decennio dopo la guerra Germania e Giappone si sono riscattati, il mercato delle auto americane è crollato.
2008: chiudono migliaia di fabbriche. Bush nel contempo sciorina la parola “capitalismo“: stando a lui, il capitalismo offre a tutti la opportunità di lavorare e di scegliere persino il lavoro, cosa comprare etc. La Pennsylvania ha la percentuale più alta di giovani rinchiusi nel carcere minorile, i fondatori del carcere sono imprenditori. Ci sono giovani finiti in carcere per una canna, per una lite a cena coi genitori, per aver picchiato la propria migliore amica, per una pagina su myspace dove è comparsa una parodia della vice-preside: tutti al riformatorio privato a scopo di lucro. I proprietari della casa di detenzione hanno ricevuto decine di milioni di dollari dalla contea, le pene sono state prolungate a tutti di alcuni mesi per arricchire i titolari del carcere. La PA Child Care pagava i giudici perché riempissero le celle e i suoi impiegati stabilivano il periodo di detenzione.



IL COMANDANTE SALLEMBERGER HA PILOTATO L’ ATTERRAGGIO DI UN AEREO NEL FIUME HUDSON SALVANDO LA VITA A 650 PASSEGGERI. Ricevette onorificenze, poi paga ridotta del 40 per cento e pensione eliminata. Susan, pilota donna, riceve 19000 dollari all’anno di stipendio. Moore commenta: “non so voi ma io voglio che il pilota che mi porta a 9000 metri in cabina sia pagato molto bene e non se ne stia seduto in cabina a cercare le monetine cadute sul sedile”.
Altri piloti sono pagati 17000 dollari all’anno e U.S.A.no i buoni alimentari. Un pilota ha 80000 dollari di debiti contratti per lo studio. Per tirare avanti i piloti svolgono un secondo lavoro: alcuni donano il plasma per denaro.
12 febbraio 2009: il volo della Continental si schianta sulla pista di Buffalo. Il capitano è Marvin Renslow e il primo ufficiale Rebecca Shaw (scontro: ore 22,15, volo 3407). Shaw guadagnava fra i 16000 e i 20000 dollari all’anno ed aveva un secondo lavoro. Durante l’impatto parlavano di lavoro e di quanto poco guadagnassero. Lei faceva anche la cameriera in un bar. Il capitalismo ti consente di farla franca in qualunque caso, anche traendo profitto dalla morte di un impiegato. Il capitalismo crede che per generare ricchezza occorra premiare la ricchezza. Per il capitalismo a ogni dollaro corrisponde un voto, per la democrazia a ogni cittadino corrisponde un voto. Come riescono i capitalisti a mantenere il potere? Con la propaganda, manipolando le menti delle persone.

LE COOPERATIVE. Nel caso delle cooperative, invece, i lavoratori sono anche i proprietari e hanno tutti diritto al voto. I manager guadagnano di più ma non molto: 14 a 1, per esempio. Il film documenta il funzionamento di una cooperativa di taxisti. Guadagnano lautamente e partecipano tutti attivamente alla gestione dell’azienda. Fra loro ci sono socialisti e anarchici. Offrono un modello aziendale che può resistere alla crisi economica e tracciare nuove linee guida. Panificio-cooperativa: gli operai della catena di montaggio guadagnano più di 65000 dollari l’anno, tre volte di più della paga di un pilota di un aereo dell’American Eagle .
ASSICURAZIONI. Daniel Johnson: la compagnia assicurativa informò per sbaglio la famiglia del milione e mezzo di dollari ricevuto in seguito alla morte dell’impiegato. Si trattava di veri e propri investimenti sulla morte. Bank of America, City Bank, Walmart fanno investimenti sulla morte soddisfatti solo per il 70 %. Compaiono nella lista anche Nestlè, at&t, P&G, Hershey Company , McDonnell Douglas, AT&T Inc .
Più una persona è giovane più è alta l’indennità perché ci si aspetta che viva a lungo. La morte di Ladona, 26 anni, lavoratrice dell’industria dolciaria, fruttò 800000 dollari ai padroni, costò alla famiglia 100000 dollari di ospedale e 6000 di funerale. L’azienda non diede un dollaro alla famiglia. Queste assicurazioni sono chiamate Dead Paesants. Gli U.S.A. sono una plutonomia , società controllata dall’1% della popolazione, un’elite che dispone del 95% della ricchezza nazionale.
Gli studenti contraggono debiti per 100000 dollari per potersi laureare e sono vincolati alle banche per i successivi 20 anni.

LA CHIESA E IL CAPITALISMO. I sacerdoti sono contrari al capitalismo, ma il sistema usa la propaganda e manipola il messaggio del cristianesimo. Il cristianesimo diventa così una stampella ideologica del capitalismo.

I DERIVATI: sono equazioni impossibili da decifrare per farla franca. Greenberg Bank ha convinto gli Americani a chiedere un prestito sulla casa tramite la pubblicità e, se il debito non è onorato, si perde la casa. Nei contratti ci sono clausole truffaldine che consentono alla banca di aumentare gli interessi a insaputa del contraente, così tanto che risulta impossibile saldare il debito. Dopo l’11 settembre la maggior parte degli agenti F.B.I. esperti di finanza sono impegnati in tutt’altre mansioni.
2008, paura negli elettori, panico finanziario per il crollo delle banche. Il crollo delle banche ha arricchito i responsabili del crollo. Ci sono riusciti con la deregolamentazione. La Goldman Sachs è la regina di Wall Street: detta le regole a Washington per usare i soldi dei contribuenti con l’obiettivo di salvare sé stessa e gli altri istituti finanziari favoriti. consegnati alle banche dal congresso più di 700 miliardi. La gente aveva bombardato di messaggi il parlamento, ma un ”colpo di stato finanziario” ha dato la meglio ai capitalisti. Un membro del parlamento dice: “qui il popolo non ha potere, è Wall Street ad averlo”. Il denaro è usato per comprare altre società. La gente inizia ad arrabbiarsi con i ricchi, che non si sono arricchiti con delle opere gradite agli altri, ma a scapito degli altri. Il gioco della carota e del bastone non funziona più. La gente non crede più di poter diventare ricca. Obama non era quello voluto da Wall Street, così la Goldman Sachs ha finanziato la sua campagna. I deterrenti lo chiamavano socialista e si riteneva che avrebbe distrutto la democrazia. Sanders è l’unico socialista nel senato U.S.A.. Dopo la sua elezione sono cessate in parte le vendite delle case per pignoramento. Un membro del congresso incoraggia la gente a non abbandonare le loro case pignorate.
I contribuenti hanno dato 25 miliardi di dollari alla Bank of America per salvarla. A cosa è servito, si chiedeva la gente, se loro non li usano per salvare le fabbriche?
Operai di Chicago hanno occupato le fabbriche per ottenere la liquidazione dopo il licenziamento, Obama si è schierato con loro. Dopo 6 giorni di proteste hanno ottenuto 6000 dollari. Non capitava dal ‘33 quando a Flynt per 44 giorni gli operai occuparono la General Motors. Roosvelt mandò la guardia nazionale che puntò i cannoni contro i poliziotti perché lasciassero in pace gli operai.
Roosvelt propose una nuova carta dei diritti troppo umanitaria per essere accettata. “Il capitalismo è un male e il male non va regolamentato, va eliminato e sostituito con la democrazia“.

FRASI TRATTE DAL FILM
Credo sinceramente, come voi, che le istituzioni bancarie siano più pericolose degli eserciti schierati. - Tomas Jefferson 1816
La proprietà monopolizzata o in possesso di pochi è una maledizione per l’umanità - John Adams 1705
Nessun uomo dovrebbe possedere più di quanto gli sia necessario per vivere, il resto, di diritto, appartiene allo Stato - Benjamin Franklin
È una guerra di classe, la mia classe vince, ma non dovrebbe. - Warren Buffet, uomo più ricco del mondo del 2007

Capitalism a love story(ITA)



lunedì 7 novembre 2011

Film: This Revolution (2005)

This Revolution

Anno 2005 (vers.Italiana)

AltreVisioni

Un accenno alla realtàdi NY e l’antagonismo americano. In particolare evidenzia l’asservimento, dei media informativi, ad un sistema corrotto che tende a manipolare l’informazione a proprio uso e consumo
Trama del film This Revolution:
Jake Cassevetes è un operatore molto apprezzato che è stato scelto per seguire i soldati americani durante l’invasione in Iraq. Jake non segue alcuna ideologia ed è molto ben pagato per riprendere quello che vede apparire davanti agli occhi ed è quello che fa. Quando si rende conto che il materiale da lui girato in Iraq viene per la maggior parte censurato dalle reti televisive, Jake capisce di avere a che fare con un controllo sulle informazioni contro cui è inutile lottare. Il suo incarico successivo è quello di riprendere le manifestazioni di protesta messe in atto nelle strade dai Black Bloc. Armato della sua videocamera, si avvicina a Seven, uno dei loro leader carismatici mascherati. Ben presto Jake conquista la fiducia del gruppo ed ottiene il permesso di seguirli e filmare il loro attacco alla democrazia e al potere costituito. Quella stessa notte, riprende Seven a volto scoperto mentre illustra gli obiettivi suoi e degli altri militanti. Il filmato, però, viene per errore mandato alla rete televisiva insieme agli altri. Quando cerca di riprenderlo, viene a sapere che la rete si è messa in contatto con il sistema di Sicurezza Nazionale per riconoscere, grazie al filmato, potenziali terroristi. Jake deve trovare il modo di salvare Seven e gli altri…

This Revolution 2005 – Italiano / full




domenica 6 novembre 2011

DocuFilm: Bold Native (AnimalLiberation)

Bold_Native

LiberazioneAnimale (Vers.Inglese)
ControVisioni

“Bold Native”, un film sulla liberazione animale.
Bold Native è il risultato di circa dieci anni di lavoro portato avanti da centinaia di persone. Fu pensato nell’ estate del 2001. e portato a termine da enis Henry Hennelly, Casey Suchan, Mary Pat Bentel, Jeff Bollman, Jessica Hagan, Todd Helbing, Ted Deiker, Jashub Absher, Danielle Lurie, Jimmy Franklin, Peter Alton, Goody-B Wiseman, ed anche molti altri che non è possibile nominare qui.


La realizzazione del film non sarebbe stata possibile senza la generosità e la gentilezza di chi ha dedicato il proprio tempo e il proprio impegno Il film è dedicato a tutti loro. E è dedicato a quelle donne e quegli uomini senza nome che rischiano con coraggio la loro libertà per dare la libertà ad un altro essere vivente. È dedicato agli individui e ai gruppi che lottano per un cambiamento legislativo e sociale, si impegnano per sensibilizzare la cittadinanza, e si preoccupano di animali abusati. E’ è dedicato ai milioni di animali che non sono stati salvati e e la cui breve permanenza sulla nostra Terra è stato riempita con dolore e tristezza.
E’ dedicato a tutti coloro che guardando questo trailer diranno “Sì. E’ venuto il tempo di rifiutare la nozione che il risparmio di una vita o la protesta contro un’ industria sia terrorismo o violenza. Sì, c’è qualche cosa più importante del nostro piacere momentaneo o la nostra convenienza. Sì, le vite che noi reclamiamo e il loro benessere hanno valore, non importa che siano diversi dai nostri”.

Bold Native (versione Ingl. sottotit.spagnolo)





mercoledì 19 ottobre 2011

DocuFilm:Marinaleda_El sueno de la tierra

Marinaleda:El sueno de la tierra
Un Utopia verso la pace

AltreVisioni

La storia straordinaria di una città di Siviglia, attraverso la lotta ha realizzato il vecchio sogno della terra. Un utopia verso la pace…


Il documentario Marinaleda: The Dream of the Earth (Spagna, 2007, colore, 90 min) di Eva e di Paolo Garcia Abad Cabrera, racconta la storia straordinaria di Marinaleda, una città di Siviglia attraverso la lotta pacifica è diventata una realtà il vecchio sogno della terra . Un risultato collettivo basato sulla solidarietà, la rivoluzione socio-economica in una delle regioni più arretrate d’Europa. Marinaleda non affronta solo i suoi vecchi nemici, ha ora bisogno di consolidare le sue conquiste.
Le lotte per più di 30 anni sono state effettuate dai lavoratori in Andalusia, organizzato attraverso il Campo dell’Unione Lavoratori (SOC). I loro risultati

Marinaleda. Il sogno della terra.

MoreInfo:Marinaleda

Marinaleda. El sueño de la tierra (Un Utopia verso la pace)



domenica 16 ottobre 2011

Remembre Genova2001: Detour-la canaglia a Genova

Detour-La canaglia a Genova(2001)
remembre Genova


ControVisioni
Introduzione integrale del FilmDocumento
[Il testo che segue costituisce l'Introduzione a Detour. La canaglia a Genova, raccolta di documenti e volantini della/sulla rivolta di Genova 2001, che è possibile scaricare sul sito dello Spazio di documentazione "Il Grimaldello"]
“Il mondo capitalista o sedicente anticapitalista organizza la vita sul modello dello spettacolo… Non si tratta di elaborare lo spettacolo del rifiuto ma di rifiutare lo spettacolo”.
E’ passato un anno dalle giornate del G8 e il cosiddetto movimento antiglobalizzazione si appresta a celebrare l’ennesima scadenza ricordando le giornate di un anno fa soltanto per la repressione poliziesca e per la morte di Carlo Giuliani. In pochi sembrano pensare – e nessuno osa dire – che se la polizia ha represso duramente, è stato soprattutto perché si era creata una situazione che le era sfuggita di mano, e che Carlo Giuliani è stato ucciso brutalmente – rispetto ai modi molto più raffinati con cui il dominio uccide e lobotomizza quotidianamente e tanto più tristemente milioni di suoi simili – perché quel giorno, assieme ad altre migliaia di persone, aveva avuto il coraggio di ribellarsi. Il lamento e la celebrazione del lutto odierni sono gli strumenti per fare in modo che si continui a passare sotto silenzio quello che ha fatto e fa tuttora male a tutti, tanto ai fedeli servitori dell’ordine del mondo quanto ai suoi supposti contestatori.
Prima del G8 era logico ritenere che nulla di interessante sarebbe potuto accadere: la logica dell’appuntamento e la costruzione di una trappola militare, nonché il monopolio mediatico delle lobbies sinistre (tute bianche, social forum, cattolici, ambientalisti e rifondati) nella gestione della “protesta” ufficiale e concordata facevano pensare che nessun contenuto interessante avrebbe potuto trovare sfogo a Genova. In questa situazione qualcosa è invece accaduto: l’organizzazione spettacolare dei professionisti della contestazione concordata è stata rifiutata da migliaia di persone che hanno deciso di fare a modo loro e di contestare realmente il potere che si manifestava attraverso l’organizzazione dello spazio urbano e la massiccia presenza poliziesca, attaccando direttamente entrambe.
Se la lettura dei testi scelti e proposti restituisce in modo già esauriente (a partire dal testo di Montaldi sull’eredità genovese del ’60) lo scacco che è stato dato agli “opportunisti di sinistra” (magra consolazione, potrebbe dire più d’uno), ci sembra invece opportuno insistere subito sull’unico aspetto,f inora totalmente ignorato, carico di potenzialità costruttive: migliaia di persone si sono impadronite di interi quartieri di Genova (Foce, Marassi, San fruttuoso e parti di Albaro e Castelletto), liberando le vie dal dominio capitalista.

Il dibattito post-G8 nell’ambiente “antagonista” si è esaurito nel difendere lo spirito anarchico del cosiddetto black bloc dalla ridicola accusa di essere un esercito di infiltrati e poliziotti e nel legittimare moralmente l’azione diretta. Questa doppia operazione difensiva non ha permesso di rilanciare i contenuti delle giornate genovesi oltre la denuncia della feroce repressione poliziesca. Detto quanto sia poco interessante filosofeggiare non solo sulla moralità dell’atto distruttivo (su cui poche persone di buon senso hanno da ridire), ma anche sulla stucchevole distinzione tra l’incendio di un auto proletaria o di una borghese o il saccheggio di un megastore invece che di una piccola bottega (e qui le remore aumentano da parte di chi non vede nel capitalismo un sistema di relazioni sociali concrete così oppressivo da meritare un attacco senza mediazioni), vale invece la pena sottolineare il pericolo strategico e politico di un nichilismo che non sa superarsi. Gesto carico di significato e potenzialità quando compiuto da un casseur di periferia nel flusso della vita quotidiana come rifiuto per la vita di merda a cui è destinato, l’atto distruttivo diventa “spettacolo del rifiuto” - che già quarant’anni fa era stato identificato come una delle trappole più subdole tese dal recupero capitalista sulle forme di vita - quando viene proposto da un militante politico in occasione di un summit internazionale, circondato da telecamere e giornalisti.
Se il progetto radicale è quello di ritagliarsi uno spazio all’interno degli appuntamenti fissati dal dominio e gestiti dai contestatori da esso addomesticati per praticare l’azione diretta contro i “simboli” del capitalismo, non resta che riconoscere lo scacco e andare altrove, ricordando come già negli anni Sessanta, nell’Amsterdam dei Provos, le agenzie di viaggio fossero arrivate al punto di organizzare finte guerriglie urbane a cui far partecipare i turisti, e sottolineando che le vere forme contemporanee di sovversione vanno cercate nelle insurrezioni popolari che hanno scosso l’Albania pochi anni fa, e che perdurano in Cabilia e, in parte, in Argentina.
Se Seattle aveva avuto un valore per il carattere di novità che la protesta sociale aveva avuto dopo decenni di apatia totale, tutte le tappe seguenti dell’antiglobal tour avevano costituito un rapido e progressivo scadimento nella rappresentazione spettacolare della protesta. Nonostante in molti abbiano voluto fare di Genova una tappa simile a quelle di Praga, Nizza e Goteborg, semplicemente aumentata nella quantità dei suoi effetti (maggior numero di manifestanti, di vetrine distrutte e di botte della polizia), essa è stata invece ben altro, un salto di qualità. L’azione diretta sfugge alla trappola dell’estetica del nichilismo e si trasforma in occasione di costruzione di situazioni di rivolta e di libertà reali quando scavalca il muro della militanza per aprirsi alla partecipazione gioiosa di altri manifestanti, di abitanti, di passanti e di curiosi nella costruzione di spazi e di momenti di vita collettivi.
















Questo è esattamente quanto è successo a Genova il venerdì 20 luglio (e non il giovedì né il sabato). I pochi black bloc che credono alla propria esistenza in quanto organizzazione e stabiliscono la relativa ortodossia militante si sono lamentati o se ne sono addirittura andati da Genova alla fine della giornata perché troppi cani sciolti non vestiti di nero hanno disertato la contestazione dei “simboli” del capitalismo. Questi perfetti progettisti di quel “rifiuto dello spettacolo” di cui lo spettacolo stesso fa richiesta non hanno capito che ciò che attrae le persone in una situazione di rivolta è una contestazione reale e immanente della vita quotidiana. A Genova l’azione devastatrice non è mai stata fine a se stessa ma parte integrante di un movimento di appropriazione e godimento dello spazio urbano da parte di migliaia di persone in un clima tutt’altro che violento e parossistico (e chi non c’era lo può verificare da molti resoconti e filmati).

In realtà, come è stato fatto notare da più parti, il black bloc non è una organizzazione ma una tattica di strada, ed in quanto tale ha avuto un ruolo decisivo durante il venerdì 20: scegliendo volontariamente di disertare la trappola mediatica della zona rossa e lo scontro diretto con la polizia, e inoltrandosi in quartieri popolari affollati non solo di manifestanti ma anche di curiosi, lo spezzone “nero” ha funzionato da detonatore per la liberazione di quegli spazi. Dalle 12 alle 19 di venerdì 20 luglio, ovvero dalle prime azioni all’incrocio tra Corso Torino e Corso Buenos Aires fino agli ultimi focolai di scontro in via Donghi, buona parte della Genova centro-orientale è stata in mano ai rivoltosi, che hanno costretto la polizia ad azioni di contenimento e hanno attaccato i dispositivi di oppressione della vita quotidiana. Nell’arco di quelle lunghissime sette ore del venerdì non solo gli spezzoni di corteo antagonisti – quello più corposo che da Piazza Paolo da Novi è arrivato a Manin, via carceri di Marassi, e quello più piccolo ed avventuroso che ha raggiunto Piazzale Kennedy per poi percorrere tutto il lungomare fino a Boccadasse e ricongiungersi, attraversando Albaro, alla coda del corteo delle tute bianche – ma migliaia di persone hanno attraversato un territorio improvvisamente trasfigurato, dove tutti i segnali che quotidianamente ci ricordano il nostro dovere di sottomissione non avevano più senso (insegne commerciali, carreggiate automobilistiche, segnali stradali, ecc.) e le strade, vissute normalmente come percorsi obbligati di una vita preconfezionata, sono divenuti lo spazio di possibili avventure, i luoghi dove si costruiva la storia individuale e collettiva di quei momenti. Da tempo una città dell’occidente capitalistico pacificato non veniva liberata per così grandi spazi e per così lungo tempo da una canaglia di facinorosi.
Nonostante sia ormai da cinquant’anni al fedele servizio del capitalismo, l’urbanistica – organizzazione degli spazi urbani come funzione dei bisogni dell’economia – viene costantemente sottovalutata e trascurata tra gli obiettivi del mondo da contestare. Ma chi pensa che la "globalizzazione" non sia solo un sistema che aumenta la disparità economica tra una parte del mondo ricca e felice ed un’altra povera e triste, bensì un altro nome per definire quel totalitarismo dell’Economia sull’uomo che rende insopportabile la vita quotidiana di tutti, anche e soprattutto di noi “ricchi”, dovrebbe ricordarsi di quanta frustrazione, alienazione e oppressione passino attraverso l’organizzazione capitalista dello spazio urbano. La sistematica distruzione di ogni possibilità di aggregazione sociale e di piacere reale (non quello alienato indotto dal consumo), financo quello di circolare liberamente per le vie, è la causa principale della rassegnazione e della tristezza di milioni di persone, nonché dell’incapacità di saper creare quotidianamente forme di pensiero politico e di azioni di conflitto contro il dominio. Quando l'orizzonte della nostra vita quotidiana è fisicamente rinchiuso in una gabbia senza uscite – una città dove si esce di casa e ci si sposta solo per lavorare e consumare – la trappola capitalista ha successo. Lì finisce ogni possibilità di riscatto rivoluzionario perché “tutte le chiacchiere sulle rivendicazioni parziali non bastano a cancellare un attimo di libertà vissuta”. Quello che spesso neanche la sinistra radicale capisce è appunto che qualsiasi pretesa rivoluzionaria – per quanto fine – non può prescindere dalla sperimentazione concreta della libertà e solo la dimensione intrinsecamente sociale della città, la condivisione dello spazio, può permettere di superare l’impasse della libertà individuale non condivisa, per rilanciarla su un piano politicamente sovversivo.
Per tutti questi motivi, venerdì 20 luglio è stato un giorno di rivolta. Aver condiviso con migliaia di persone l’esperienza fisica e mentale di una nuova dimensione dello spazio urbano; aver respirato, sia pure per poche ore, l’atmosfera di un potenziale mondo alla rovescia, le cui strade non sono più i binari che portano sempre negli stessi posti, ma i terreni di avventure e di sorprese: tutto ciò è benzina sul fuoco che brucia coloro che non si rassegnano alla sopravvivenza. L’aver esperito la libertà nelle strade diventa automaticamente la base di una rivendicazione politica senza compromessi: la rivoluzione della vita quotidiana. Per le persone che sentono queste cose, il venerdì di un anno fa a Genova rimane un dies signanda albo lapillo, non un lutto da celebrare, ma una festa da rinnovare.
Soltanto un’inflazione di situazioni simili, e mai nessun tribunale, potrà rendere giustizia alla lotta e alla morte di Carlo Giuliani.
Luglio 2002
Detour-la canaglia a Genova(2001)

Ps: Roma 15.10.2011 è andata un po diversamente.

sabato 15 ottobre 2011

Metropia: Il futuro del Pianeta

Metropia
Tarik Saleh

AltreVisioni

In una terrificante Europa del futuro il mondo è ormai privo di petrolio e il sottosuolo è stato collegato creando un'enorme rete sotterranea che attraversa l'Europa. Lo svedese Roger tenta di stare lontano dal sottosuolo, anche perché spesso nella sua testa risuonano strane voci, ma un giorno scopre che la sua esistenza viene tenuta sotto controllo in ogni singolo istante. L'uomo tenta di liberarsi, ma per far questo avrà bisogno dell'aiuto della top model Nina. O forse è Nina ad aver bisogno di Roger?
Metropia è un film a colori di genere animazione, fantascienza della durata di 86 min. diretto da Tarik Saleh e interpretato da Vincent Gallo, Juliette Lewis, Udo Kier, Stellan Skarsgård, Alexander Skarsgård, Sofia Helin, Shanti Roney, Fares Fares, Fredrik Eddari, Doreen Månsson.
Prodotto nel 2009 in Svezia, Danimarca, Norvegia.

Metropia (Tarik Saleh)


domenica 9 ottobre 2011

Tears of Gaza:DocuFilm_Genocidio Pianificato del popolo Palestinese

Tears Of Gaza

(Vibeke Løkkeberg)

AltreVisioni


Il genocidio pianificato del popolo palestinese.
Il film segue tre bambini attraverso l'aggressione armata israeliana avvenuta il 2008-2009 in gaza e il periodo dopo il cessate il fuoco.
Fondamentalmente il Film è contro la guerra pochi registri sono riusciti ad interpretarele Lacrime di Gaza con l'immediatezza inquietante e terrore viscerale reso nel video.
Per Documentare l'impatto umano del 2008 - 2009 bombardamento di Gaza da parte dell'esercito israeliano, il direttore Vibeke Løkkeberg ha fatto uso di equipaggi locali palestinesi fornendo immagini di un conflitto in gran parte reso invisibile dai media occidentali.
Løkkeberg traccia la vita quotidiana di un popolo che vive in una città impreparata ad affrontare una tragedia di tale entità.
Racconta attraverso le storie di tre bambini sopravvissuti in infrastrutture impoverite di Gaza, .
Le immagini rendono evidente l'aggressione armata unilaterale tesa ad un graduale genocidio del popolo palestinese.
Vincitore del Premio del Pubblico al Festival del Documentario di Salonicco e il Premio del Pubblico per il miglior film al Festival di Göteborg International Film.

Tears of Gaza (Vibeke Lokkeberg)

lunedì 3 ottobre 2011

Rosarno Histoire nuove forme di schiavitù

Il Sangue verde
Andrea Segre

AltreVisioni
Il film documentario di Andrea Segre. Gennaio 2010, Rosarno, Calabria. Le manfiestazioni di rabbia degli immigrati mettono a nudo le condizioni di degrado e ingiustizia in cui vivono quotidianamente migliaia di braccianti africani, sfruttati da un'economia fortemente influenzata dal potere mafioso della 'Ndrangheta. Per un momento l'Italia si accorge di loro, ne ha paura, reagisce con violenza, e in poche ore Rosarno viene "sgomberata" e il problema "risolto". Ma i volti e le storie dei protagonisti degli scontri di Rosarno dicono che non è così. Scovarle e dare loro voce è oggi forse l'unica via per restituire al Paese la propria memoria: quella di quei di giorni di violenza e quella del proprio recente quanto rimosso passato di miseria rurale. Visita il blog del film e organizza una proiezione del film nella tua città.
La voce dei braccianti africani che hanno manifestato a Rosarno contro lo sfruttamento e la discriminazione 7 volti, 7 storie e un'unica dignità.

Fonte:
IlSangueVerde
AndreaSegre
Il Sangue verde (Andrea Segre)


lunedì 19 settembre 2011

DocuFilm RoadMovie Vaginale_Too Much Pussy!


Too Much Pussy!
Feminist Sluts, a Queer X Show
(Émile Jouvet)


AltreVisioni

Un gruppo internazionale di artisti queer inventano un nuovo sottogenere: il road movie vaginale. percorso, aperto a tutti i deliri febbrili durante il gioco per il porno-mostre d'arte in tour in Europa, per la gioia di coloro che pensano e fanno sesso in una libertà assoluta. Femminismo e post-femminismo, porno e postporno, con qualcosa dello spirito di Annie Sprinkle e spensierata perversione John Waters, la telecamera segue la vita sessuale e mentale di circa sette donne (ci sono accademici, attivisti e artisti) che mettono tutto il corpo e ciò che dà piacere, certo, e anche loro non sanno, per scoprire fin dove può godere. E 'probabile che questo viaggio contiene una overdose di immagini esibizionismo certamente memorabile, ma anche il modo più intelligente di pensare sesso, desiderio e piacere senza precedenti licenza di creare.
In un estrema sintesi il documentario presenta l'espressione e la pratica di una sessualità libera e intelligente esente da qualsiasi predisposizione mentale.
Regista:Émilie Jouvet co-regista:Wendy Delorme

TOO MUCH PUSSY ! Feminist Sluts in the Queer X Show



Nb: Il DocuFilm proposto non lo riteniamo pornografico nonostante la rappresentazione di corpi nudi e parti intime femminili pertanto la visione puo essere tranquillamente estesa a tutte le età.


giovedì 15 settembre 2011

EcoDifesa:GREEN (2009DocuFilm)

Green (2009)
Patrick Rouxel

AltreVisioni
Green Film, diretto dal regista del regista Patrick Rouxell, racconta attraverso i ricordi di un orango in fin di vita, l'eccezionale vitalità delle foreste pluviali dell'Indonesia, e l'avanzare della loro distruzione per fare spazio alle piantagioni di acacia e palma da olio, per la produzione di carta e biodiesel. Immagini forti e poetiche di una tragedia dimenticata. GREEN è stato giudicato il miglior lungometraggio al 7° Festival Internazionale Audiovisivo della Biodiversità.

Questo è un documentario che dovrebbe essere visto da quante più
persone possibile. Vincitore del miglior documentario corto nel recente Festival del Cinema Indipendente Durango, "Verde" documenta le ultime ore di vita di una femmina di orangutan. E 'quasi come se la vita gli viene risucchiata a lei come il suo ambiente viene distrutto. Lei diventa solo un'altra vittima della deforestazione e le piantagioni di palma da olio.

Il film racconta la bellezza e la diversità di un ecosistema un tempo rigoglioso verde attraversato da elefanti, una serie di primati di libellule.
Il documentario traccia ognuna delle minacce che gli oranghi subiscono - da parte dell'industria del legno fornendo il commercio di mobili esotici o il mercato cellulosa e carta per l'industria dell'olio di palma alimentare l'insaziabile domanda di prodotti alimentari, cosmetici e biodiesel. Il commercio illegale di animali vive in mezzo alla distruzione.
"Green" è di 48 minuti lungo, è disponibile per il download gratuito per tutte le proiezioni private e pubbliche. Il film è in versione internazionale accessibile a tutte le nazionalità, prodotto in maniera indipendente e libera da ogni attaccamento commerciali o politici. Non esitate a proiettare il film ovunque ci si sente adeguato.

Green (2009)

Fonte Docufilm: GreenTheFilm

lunedì 5 settembre 2011

Italia_Val Susa-Gli orrori dello stato Italiano

VAL SUSA_GLI ORRORI DELLO STATO ITALIANO

ControVisioni
Lo Stato sta perpetrando in Val di Susa orribili violazioni legali e umane per difendere gli interessi di S.p.A. e di politici corrotti criminalizzando incredibilmente il popolo subente.
Stanno tentando di far credere che lo sviluppo di una società sia correlata alle grandi opere, dicono che non si deve protestare perchè "diminuisce il business del turismo", stanno usando il ricatto di pochi e precari posti di lavoro per favorire un business inutile rispetto a quello che si potrebbe fare con gli stessi soldi usati per numerose "piccole opere" ma realmente utili per la collettività.

Se il prezzo da pagare per lo "sviluppo" è la crudeltà di uno stato fascista, dittatoriale o comunque prepotente e violento, qualcosa non torna in questo "metodo di progresso".

MASSIMA SOLIDARIETà AL POPOLO VALSUSINO

Nel link vengono presentate le principali ragioni di opposizione alla nuova ferrovia: ognuna di esse rimanda ad una pagina in cui le ragioni vengono motivate e documentate.

Le tesi esposte discendono da analisi di natura scientifica condotte in oltre 20 anni da docenti universitari ed esperti di economia dei trasporti, di architetture contrattuali e finanziarie, di ingegneria ambientale, da naturalisti, geologi, agronomi, medici e giudici: un "sapere" diventato bene comune del movimento NO-TAV.
Links di riferimento:
Comitato no Tav-Torino

domenica 7 agosto 2011

PlanetStory:Libera Circolazione di Esseri Umani

Illegal
Immigrazione "illegale"
(Olivier Masset-Depasse)

(A)ltreVisioni
Immigrazione "illegale" Una tensione morale che obbliga a 'vedere' la realtà senza il filtro delle ideologie.

Tania ha un figlio di 14 anni, Ivan. Tania ed Ivan sono immigrati illegali provenienti dalla Russia. Vivono in Belgio ormai da otto anni anche se in costante stato di tensione. Tania ha il terrore di essere fermata dalla polizia con il conseguente controllo dei documenti. Fino a quando un giorno ciò accade. Madre e figlio vengono divisi. Tania viene portata in un cosiddetto centro di accoglienza e fa di tutto per potersi ricongiungere ad Ivan. Sulla sua testa pesa la minaccia di un decreto di espulsione.
Olivier Masset-Depasse propone la via del thriller e ci sembra una decisione assolutamente funzionale. Riesce cioè a farci partecipi di una duplice tensione. Da un lato quella della protagonista che si trova a cercare di sopravvivere in una società che ha decretato la sua illegalità senza averne il diritto finendo poi in quella sorta di girone infernale che è il centro di accoglienza.
C'è però (ed è altrettanto forte) la tensione morale di una sceneggiatura e di uno sguardo che ci obbligano a 'vedere' la realtà senza il filtro delle ideologie. I poliziotti di Illegal non sono tutti dei Natural Born Killers. Alcuni di loro sono vittime di un sistema che vuole che il clandestino subisca tali e tante umiliazioni da non voler più (una volta espulso) desiderare di ritornare nel Paese. Davanti a loro non ci sono delle persone ma volti senza nome.
Badate bene che si tratta di persone che non hanno commesso nessun tipo di reato se non quello di voler vivere altrove. per esigenze varie, dal luogo che sono nati.

Illegal (Olivier Masset-Depasse)



La situazione in italia attualmente
Immigrazione: diciotto mesi nei Cie… e nessuno può raccontare quello che accade

Dopo la votazione avvenuta in Senato la polizia potrà trattenere gli immigrati irregolari sino a diciotto mesi in quei posti infami e senza regole che sono i centri di identificazione per stranieri (Cie). Il ministro Maroni bleffa quando afferma che si tratta di una norma che ha una matrice europea.
La direttiva Ue (che molti in giro per il vecchio continente avevano definito direttiva della vergogna) prevedeva che solo in casi eccezionali la detenzione amministrativa potesse protrarsi sino a un anno e mezzo, un tempo enorme di imprigionamento per una persona non colpevole di alcun crimine. Il governo ha fatto diventare regola quella che nella disposizione europea era palesemente una eccezione e che era affiancata da misure per favorire il rimpatrio volontario degli immigrati nelle loro terre di origine.
Come era prevedibile le misure di rimpatrio volontario mancano del tutto nel decreto del Governo. I Cie sono luoghi di internamento dove corpi di donne e uomini vengono ammassati e custoditi senza diritti e senza umanità. La violenza è alla base dei rapporti tra i custodi (che a volte sono organizzazioni private) e gli immigrati.
Chiunque abbia visitato un Cie sa che in quel luogo regna il degrado. Nel decreto del governo non c’è ovviamente traccia di una estensione delle opportunità di visita di queste strutture da parte della stampa e delle organizzazioni della società civile. Nelle carceri possono entrare parlamentari, consiglieri regionali, volontari. I Cie invece sono luoghi sottratti agli occhi esterni. Sono luoghi opachi e quindi pericolosi.
LasciateCIEntrare è una campagna pubblica che chiede al governo di aprire questi luoghi di detenzione al monitoraggio indipendente delle organizzazioni dei diritti umani. Un ruolo di controllo sociale e politico appartiene ai giornalisti che dovrebbero pretendere l’ingresso nei Cie per potere raccontare ai lettori, ai telespettatori, ai radioascoltatori quello che vedono coi propri occhi. Negare questa possibilità significa avallare le tesi secondo cui le autorità vogliono coprire le nefandezze dei Cie. Significa dare ragione a chi sostiene che nei Cie regna l’illegalità e la violenza con la complicità delle istituzioni.