Tahar Ben Jelloun, il famoso scrittore marocchino, scriverà: "Il crimine è lì, anche se ricoperto da tonnellate di macerie e di silenzio" (Jenin -un campo palestinese- Bompiani-)
Perché è stato censurato questo documentario ed il suo regista dovrà subire due processi, in Israele, dove vige la cosiddetta "libertà d'espressione"... ?
Jenin Jenin è un grido di dolore, di angosce inenarrabili, di rabbia e di desiderio di vendetta, di umanità. Bakri sparisce come presenza fisica o come voce fuori campo, non ricostruisce, neppure informa. Sono soltanto i volti e le parole dei profughi che informano, accusano, mostrano, processano, maledicono, resistono. Sono corpi e volti che sono colpiti alle radici della loro vita, della loro identità, delle loro storia. Ed alcuni di questi volti sono indimenticabili: un muto che mima efficacemente gli eventi a cui ha assistito; l'uomo che mostra la casa distrutta, elencando le tracce ridotte in macerie (il letto dove è morto suo padre, il fico di 52 anni, le pietre di cui essa era costituita); il giovane combattente lucido e sarcastico, che alla fine non trattiene una lacrima parlando della sua impotenza in quei giorni; un venditore di mercato che fa del gustosissimo teatro di strada fingendo di telefonare a Bush; e sopratutto la straordinaria ragazzina (avrà avuto allora 11-12 anni) lucida nel flusso ininterrotto di parole, di amore e di odio, poetica nelle sue metafore, determinatissima.
A ciò è da aggiungere il montaggio, che spezza le interviste per associazioni con altre, ricomponendole secondo una scansione narrativa fluida e corale, che testimonia con orgoglio l'indomita resistenza di un popolo; e inoltre l'uso limitato ma efficace di canti, musica e rumori, che si aprono come raccordo tra una sequenza e l'altra o per dare respiro grande alla tragedia che le parole e i volti esprimono.
Il regista Mohammad Bakri è un attore che ha lavorato con grandi autori palestinesi ed israeliani e noi lo conosciamo soprattutto per l'interpretazione di uno dei più bei film italiani di questo inizio secolo, Private di Saverio Costanzo, per cui è stato premiato come miglior attore protagonista al festival di Locarno del 2004.
Iyad Samoudi, il produttore esecutivo di Jenin Jenin, è stato ucciso dall'Esercito israeliano il 23 giugno 2002. Quella mattina, alle 4.30, i soldati erano arrivati per effettuare alcuni arresti. Se c'era una cosa che Iyad - e, come lui, la maggior parte degli abitati dei Territori occupati - odiava, era l'umiliazione. "Una volta mi aveva detto che avrebbe preferito morire", racconta Bakri che, assieme alla troupe, durante le riprese aveva dormito nella casa di questo 25enne.
Così quel giorno maledetto ha preso la porta ed è scappato. Lo hanno colpito senza ragione. Sposato alcuni mesi prima, senza figli, Iyad aveva visto Bakri recitare in uno dei tanti film da lui realizzati; voleva lavorare per il cinema e l'aveva dunque ricercato.
"Era un ragazzo sveglio, sempre pronto a scherzare, pieno di vita", dice il regista. Jenin Jenin è dedicato a lui, che non ha nemmeno avuto l'opportunità di vedere questo documentario a montaggio finito.
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